Viaggio alla scoperta di Palmanova
Nell’ambito del 1° Festival della Psicologia in Friuli Venezia Giulia, il 31 ottobre al Teatro Gustavo Modena di Palmanova si è tenuta la conferenza “Tra architettura e psicologia. Palmanova, città ideale”, che vedeva come relatrice l’architetto Michela Cafazzo che, essendo nata a Palmanova, portava il proprio contributo anche come abitante della città.
Partendo dal concetto di città ideale come progetto urbanistico e politico, tema che ha interessato gran parte della conferenza, si voleva arrivare a parlare di come la conformazione urbanistica della città può influenzare il comportamento delle persone che ci abitano.
La conferenza è iniziata con un lungo excursus dell’architetto sulle origini della città e sulla storia del suo assetto urbanistico. La città nasce alla fine del 1500 con il ruolo preciso di fortezza militare. La pianta è geometrica, studiata a tavolino: stella a 9 punte con soli 3 accessi, le 3 porte della città. Nella progettazione però, accanto alla razionalità dell’assetto bellico, si è voluto porre attenzione anche all’estetica e allora ecco che da ogni porta, per chi entra, lo sguardo corre libero fino alla piazza centrale e poi ancora più in là, al bastione che si trova diametralmente opposto alla porta. Se invece si vuole guardare la città dall’interno, il centro è costituito dalla piazza esagonale da cui in direzione radiale partono le sei strade principali: tre vanno verso le porte e tre verso i bastioni.
La geometria e la regolarità della pianta sono le caratteristiche peculiari e costituiscono il fascino della struttura della città, ma significano anche che il tessuto urbano non può modificarsi. Se le altre città storiche evolvono, modificano la propria conformazione per adattarsi agli eventi e ai cambiamenti che si susseguono nel tempo, Palmanova non può cambiare, restando sempre fissa e immutabile nella sua geometria.
Questo fatto influenza in qualche modo il comportamento degli abitanti di Palmanova? L’architetto Cafazzo ritrova la stessa fissità, la stessa mancanza di propensione al cambiamento anche nei suoi concittadini, i palmarini, restii ad affrontare qualsiasi mutamento, trovando forse conforto in un’auspicata immutabilità delle cose.
Un altro tema che si lega alla conformazione urbanistica della città è quello del labirinto. Palmanova presenta queste direttrici che vanno dalle porte ai bastioni opposti che sembra possano rendere chiara e decifrabile la struttura della città. Invece i settori in cui si trova diviso il tessuto urbano fanno sì che il visitatore, colui che non conosce la città, immancabilmente si perda e si trovi a girare e rigirare per cercare la porta da cui uscire dalla città. La struttura a labirinto è anch’essa una struttura di tipo militare, difensivo. Il labirinto è fatto per confondere il nemico, per intrappolarlo. Viene riportato l’esempio del labirinto di Minosse, dove Dedalo viene rinchiuso assieme al figlio e dove alla fine l’unica via di uscita si rivela essere quella verso l’alto, verso il cielo. Ed è proprio guardando la città dall’alto che si riconosce il suo disegno e a mio parere si ritrova il vero fascino di Palmanova, fascino che invece sfugge quando ci si trova all’interno della città. La visione dall’alto, quasi distaccandosi dalla città, permette di cogliere la razionalità di ciò che dall’interno non si riesce a percepire, quasi a rivelare un segreto che percorrendo la città dall’interno non si riesce a svelare.
“Tra architettura e psicologia. Palmanova, città ideale” – 1° Festival della Psicologia in Friuli Venezia Giulia – Palmanova, 31 ottobre 2019