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EFFETTO BOZZI

Un festival a taglio divulgativo. Tiro un sospiro di sollievo. Mi accomodo. Seduta a metà sala per osservare al meglio – mi accorgo di essere circondata da giovani. Ragazze e ragazzi venuti a Gradisca per seguire una lezione “fuori dagli schemi” su invito del Prof. Bruno.
Scopro le figure di Kanizsa – ebreo – confinato dopo l’emanazione leggi razziali. E scopro Bozzi, suo allievo che nella II Guerra Mondiale si trasferì a  Gradisca. Penso a come la storia da loro attraversata sia un tassello fondamentale dei loro profili. Kanizsa e Bozzi hanno saputo generare un grande valore in risposta all’abominio della guerra. Sono un dono. Due attenti osservatori del mondo della percezione. Kanizsa partiva dal particolare, Bozzi più deduttivo. Un vero “rinascimento” e una nuova proposta scientifica con significato filosofico straordinario.
Il legame con Gradisca viene descritto come un legame fatto di persone e di luoghi. Kanizsa ne “La fisica ingenua” parla di Gradisca come del “curioso paese”. “Sembrava incredibile in un paese con 2000 persone – [allora!] – poter udire strumenti musicali mentre il cibo veniva dato con la tessera. Questa era Gradisca e io trovavo assolutamente naturale che fosse fatta così. Per me era ovvio che dietro ad ogni terzo portone abitasse qualcuno che suonava, cantava, intagliasse”.
Da quella citazione la mia attenzione è stata spinta verso una riflessione di fondo: “Che percezione abbiamo, noi, del mondo in cui viviamo? Che percezione ho io di Gradisca – che riconosco le figure descritte come il liutaio – rispetto a uno dei ragazzi seduti al mio fianco?”
Ecco l’aggancio.
Un legame affettivo tra percezione e realtà. Cosa fa cambiare la nostra percezione?
Quasi parlassimo di restringimento percettivo per completamento amodale (E, tranquilli, non lo conoscevo nemmeno io prima dell’incontro… cercatelo. Scoprirete che è un fenomeno studiato da Kanizsa).
Non ho potuto fare a meno di provare malinconia per ciò che non c’è più. E mi sono ritrovata nelle parole del messaggio inviato dal Prof. Riccardo Luccio (perché non solo i vecchi tendono a diventare sentimentali). Non ha parlato solo di Psicologia ma di Amicizia. Tempo condiviso, musica. Di quanto l’empatia possa fare. Mi sono scrollata dalla testa “il tempo del papà” e ho guardato alle forti possibilità di oggi, ancor più forti se ci ricordiamo di fondarle su valori radicati.
Con le parole di Serena Cattaruzza ho imparato che per Kanizsa gli occhi ci mettono in contatto con il mondo esterno. Ci informano della presenza di cose lontane da noi. Di fatto – penso – è il guardare agli altri che ci rende parte di un mondo. E dobbiamo guardarlo con attenzione oltre al limite prossimo.
L’intervento del Prof. Nicola Bruno – studente di Bozzi – mi ha davvero portata nella cosiddetta “Aula Bozzi” e nel suo calore. Ha raccontato come si trovasse all’ultimo piano, in una specie di sottotetto [ogni tanto si sentivano dei piccioni]. Era anche un laboratorio. Piena di aggeggi più o meno strani. Bozzi si rivolgeva ad Aristotele, Galileo, ai Gestaltisti, ad amici scienziati e letterati tirandoli in ballo come una specie di presenza amodale.
Ho immaginato vestiti, colori, volti. Diventava inevitabile uscire dall’aula, continuare la didattica in altri luoghi e a Gradisca. La maniera in cui insegnava “ti faceva sentire bene”. Ti faceva sentire migliore. Si parlava di un effetto su chi lo frequentava. Bozzi osservava il mondo alla ricerca di cose interessanti. Non giudicava. Non categorizzava. Aveva entusiasmo nei confronti di tutti.
Penso a quanto “effetto Bozzi” sia necessario oggi in Italia e a come potrebbe essere agito da ognuno di noi quotidianamente con azioni concrete.
Vedo la serenità nel volto dei ragazzi mentre usciamo dalla sala per andare a visitare la mostra. Vedo la serenità del tempo dell’incontro. Ed è vero, posso dirlo anche io: fa sentire bene.

 

“Gradisca negli occhi e nel cuore: Gaetano Kanizsa e Paolo Bozzi tra arte e scienza” – 1° Festival della Psicologia in Friuli Venezia Giulia – Gradisca d’Isonzo, 29 ottobre 2019

Sono Francesca, del 1974, ma ancora mi ritrovo di più in "Francy". Mamma, donna. Credo nell’impegno e nella necessità di educare al rispetto. Non smetto di cercare la Verità, quella per Giulio e quella delle persone autentiche con le quali tenersi per mano. I miei compagni di scuola dicevano di me: non credo molto in realtà… ma porto alcuni compagni e insegnanti sempre nel cuore. Il libro che ho sul comodino: Ne ho 3 ora: "Morgana" di Murgia, "Se fosse tuo figlio" di Govoni e "Fiore di Poesia" di Alda Merini. Domani vorrei: Rallentare e vedere più occhi brillare.