Ma quanto è difficile decidere?
Venerdì scorso, 11 novembre, ho assistito ad una conferenza che trattava di psicologia. Nello specifico di come l’essere umano prende decisioni. Lungi da me essere una frequentatrice assidua di conferenze, mi era comunque capitato alcune volte di assistervi, ma questa si è rivelata l’unica che mi ha interessata e che ho effettivamente seguito.
All’inizio della serata il professor Andrea Manfrinati ha spiegato come vengono prese delle decisioni razionali. Il decisore deve essere un agente razionale, operare in una condizione di informazione totale e valutare le opzioni e il grado di incertezza degli esiti. Dopo aver soddisfatto i precedenti punti sarà capace di prendere una decisione razionale che garantirà il valore più elevato dell’esito.
Se fosse così semplice tutti prenderemmo le decisioni migliori che ci garantirebbero le migliori condizioni di vita possibili.
Purtroppo, non siamo delle macchine e in quanto umani proviamo emozioni che ci condizionano, non sempre siamo a conoscenza di tutte le informazioni e spesso ignoriamo il grado di incertezza degli esiti.
Il professor Manfrinati ha proseguito dicendo che ci sono due sistemi nel nostro cervello. Uno impulsivo, l’altro riflessivo. Uno irrazionale l’altro razionale.
Tra il sistema 1 e il sistema 2 non c’è una divisione stagna. Si influenzano tra di loro. C’è una guerra tra queste due forme di pensiero nel cervello che sono spesso antagoniste. Prendendo decisioni può capitare che il frutto del ragionamento sia guidato dal sistema 1 o dal sistema 2 o dalla relazione tra i due.
Allora la domanda sorge spontanea: se conosciamo in che cosa si differenziano e sappiamo che il sistema 2 ci farà scegliere in meglio, perché non ci comportiamo seguendo decisioni del tutto razionali dettate dal sistema 2?
La risposta è semplice.
In quanto esseri imperfetti provvisti di emozioni, prendiamo delle decisioni che tutto sommato ci sembrano soddisfacenti ma questa non è sempre la scelta ottimale per massimizzare l’utile. Abbiamo insomma un approccio di razionalità limitata (siamo limitati dalle emozioni e dal fatto che il nostro cervello non riesce a risolvere grattacapi troppo complessi. Sembra che scegliere sia la cosa più difficile da fare) e i nostri sensi sono fuorviati dal contesto. Spesso ci appoggiamo alle euristiche, ovvero procedure intuitive che noi non incoraggiamo, ci vengono naturali. Queste si basano su informazioni incomplete o inattendibili. Dovremmo fare lo sforzo di non appoggiarci a quelle come unica giustificazione della scelta, ma spesso (molto spesso) lo facciamo facendo un ragionamento non preciso. Come se dovessimo misurare la lunghezza di un oggetto e lo facessimo a spanne. La misura sarebbe circa quella, non effettivamente quella.
Ora non sarò certo io quella che riassumerà per intero la conferenza precisando una ad una le euristiche. Anche se sarebbe molto facile farlo. Preferisco domandare se qualcuno si è mai reso conto di quanto la nostra vita sia basata sulle decisioni che prendiamo. Iniziamo a scegliere abbastanza presto, e costruiamo piano piano il nostro futuro. Noi adolescenti siamo quelli che prendono più decisioni di chiunque altro. Ne va della nostra vita. Si inizia con la scelta della scuola superiore, poi si passa all’università e infine si cerca un lavoro (anche se a quel punto non siamo più adolescenti). Oltre alla carriera scolastica, iniziano anche le decisioni che prendiamo riguardanti le nostre relazioni con le persone. Fidanzati/e o amici che siano.
In mezzo a questo mare, la nostra parte razionale di per sé già abbastanza debole (è sempre di quindicenni che stiamo parlando) è assuefatta dalle euristiche. Insomma, è più facile per noi prendere decisioni sbagliate. Scegliamo in base a cos’è più facile da ricordare, invece che considerare le cose più probabili, siamo condizionati dagli stereotipi e li usiamo per dividere in categorie le persone o le cose, ci fidiamo delle nostre sensazioni (il famoso sesto senso) e non dei dati oggettivi, non cambiamo punto di vista, valutiamo una situazione DOPO che è avvenuta e infine, la cosa più importante di tutte, ci sopravvalutiamo.
Errare humanum est.
Ci dovrebbe essere un certo equilibrio tra i due sistemi, e molto esercizio per ignorare le euristiche.
Certo, ci sono dei modi per aiutare le decisioni. Per citare un buffo esempio fatto alla conferenza, è stato notato che mettendo una mosca finta, ovvero dando un punto su cui mirare, negli orinatoi maschili, gli uomini erano più inclini inconsciamente a centrare quel punto.
Credo che sia davvero necessario aiutare o appoggiare il proprio figlio adolescente nelle decisioni che deve prendere e soprattutto non sottovalutare l’importanza del loro futuro. Essere un genitore presente non significa essere invadente o iperprotettivo. È un compito difficile ma necessario.
“Intuizione e ragione nelle decisioni umane” – 1° Festival della Psicologia in Friuli Venezia Giulia – Gorizia, 11 ottobre 2019