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I vivi e i morti

Liberamente ispirato al racconto Memoria di Luca Bartolacelli.

Lavoro con i morti. Ho pensato fosse meglio dirlo subito.
Più precisamente lavoro nel posto dove i morti vivono, cioè dove muoiono in realtà, non nel senso che sono morti proprio lì ma è lì che continuano a fare i morti, che poi più che fare i morti sono morti proprio, o almeno per un po’ di anni diciamo, perché poi per dirla tutta scompaiono e continuano a fare i morti anche se non sono più propriamente dei morti in carne e ossa. Nemmeno vivi.
Insomma lavoro in un cimitero, questo è il punto.
Ero disoccupato da qualche anno e un tizio amico di mio fratello gli svelò che era da poco uscito un concorso pubblico per custodi del cimitero e che se suo fratello, cioè io, fosse stato ancora alla ricerca di un lavoro poteva essere una buona occasione. Il tizio lo sapeva perché il suo psichiatra lo consigliava ad alcuni pazienti che non sopportavano l’idea di stare troppo tempo in mezzo alla gente viva.
Il discorso non faceva una piega, partecipai e vinsi. Non mi sento in colpa perché qui di gente viva ne vedi tanta e se non fa per te non è il tuo posto, finché non diventi morto s’intende.
Fatto sta che lunedì vado in pensione e ho qualcosa da dirvi.
Mi sono sempre chiesto come sarebbe stato questo momento, fare quello che sta per andare in pensione e ha qualcosa da dire, e non solo ha qualcosa da dire, e qui sta la differenza da tutta una vita, ma dirlo pure. Pensavo sarebbe stato carino ma non bellissimo, perché sicuramente avrei avuto da gestire cose complicate come la prostatite o anche di peggio. Invece tutto sommato là sotto le cose vanno abbastanza bene, io e la mia ex moglie ci vediamo ancora di tanto in tanto, da quando è vedova, vedova di quell’altro ci tengo a specificare, e facciamo qualcosa.
Prima di incontrarla, sposarla, divorziare e ritrovarla come amante a 65 anni io e 68 anni lei, ero innamorato di una ragazza che si chiamava Stella.
Qui inizia la faccenda di cui vi devo parlare.
L’amavo l’amavo l’amavo l’amavo l’amavo. Non solo l’amavo ma ero certo che un giorno si sarebbe innamorata di me. Così quando mi raccontò che aveva perso la testa per un ragazzo per cui mai avrebbe pensato di perderla mi convinsi che stesse parlando di me. Che cosa romantica.
Il ragazzo non ero io ma uno stronzo di nome Franco che non conoscevo.
Non ho mai odiato nulla quanto quello stronzo di Franco. Nulla mai davvero. Per questa ragione il giorno in cui sono venuto a sapere che lui e Stella se ne sarebbero andati in viaggio a Venezia ho chiesto senza mezzi termini che gli venisse un colpo in grado di toglierlo definitivamente dai coglioni. Mors tua Stella mea.
Lo stronzo ha trascorso una vita in piena salute, e così anche la mia amica Stella, almeno fino a quando non le hanno trovato un tumore al pancreas che l’ha portata dritta dritta alla terza fila del campo B. Naturalmente assieme a lei mi sono dovuto prendere pure lo stronzo che ogni santissimo giorno veniva a farle una specie di saluto proprio nel mio cimitero.
In quegli anni qualche soddisfazione me la sono presa. Appena lo vedevo arrivare me ne andavo dritto alla prima fontanella, la chiudevo, caricavo tutte le bottiglie di plastica sulla carriola e le portavo alla fontanella del capo opposto, così da fargli percorrere l’intero viale a piedi con una bottiglia piena d’acqua. Non sempre, sarebbe stato troppo sospetto: il lunedì, il mercoledì e il sabato. D’estate era il massimo.
Tutto bene fino a quando ha iniziato a venire meno di frequente mettendo completamente in crisi la mia strategia. Ma la storia non finisce qui. Un giorno di primavera, ancora abbastanza freddo me lo ricordo bene, lo vedo avvicinarsi guardandomi dritto negli occhi. Ero pronto a gestire l’inevitabile: la richiesta che la fontanella vicina funzionasse e avesse pure delle bottiglie. Preparavo la risposta da una vita intera, ero pronto.
“Mi dice dove si entra al supermercato che devo far la spesa?”
Vado al dunque. A quel figlio stronzo di buona donna il colpo che avevo augurato quarant’anni prima era finalmente arrivato, in testa, spaccandolo in tanti Franco diversi. Quando uno ne moriva un altro se ne veniva fuori, con il grande casotto che a volte qualcuno di questi risorgeva chiedendo a tutta forza di non morire più.
Te la racconta pure lui questa faccenda, mostrandoti la targhetta da paziente Alzheimer e dicendo in qualche modo che non vuole morire. Quando fa così cerco di rivoltare la frittata a mio favore e trovo un modo per farmi raccontare le sue litigate con Stella, qualche stralcio di giornata andata male, le volte in cui il sesso ha fatto schifo, cose così. Io mi rassereno e lui se la ride. Forse pensa che faccia tutto questo proprio per farlo ridere, povero stronzo.
Di fatto quello che odio è solo un Franco, gli altri non sono così male. Il mio preferito è “Franco che non ci sa fare con le donne”. In pratica inizio a descrivere per filo e per segno come ho riconquistato la mia ex moglie e lui, seduto sul cordolo di marmo della tomba, mi ascolta come fossi una specie di divinità. Non solo mi ascolta ma dice pure che non è capace di fare cose così e non lo era nemmeno a vent’anni. Che gran momenti.
Trascorriamo davvero molto tempo insieme.
Ora che vado in pensione pensavo di portarlo al mare nella spiaggia dove stavo l’estate con mio figlio, mezzo stronzo come lui. Di sicuro non ricorderà come si nuota e gli mostrerò un paio di mosse, non imparerà e mi darà dell’olimpionico. Sento sarà un bel momento. Poi andremo a pranzo nel ristorantino lì vicino e appena se ne verrà fuori che vuole suicidarsi, perché ogni tanto lo fa, proverò a farmi dire se secondo lui Stella ha avuto degli amanti o se almeno potrebbe averci pensato. E’ una cosa che mi sono sempre chiesto.
Una volta l’ho visto parlare al cimitero con un amico più rincoglionito di lui. E’ stato uno strazio. Se ne stava in piedi singhiozzante a raccontare una specie di vita perfetta che non aveva più e di certo non poteva ritrovare in questo posto. Con me se la può scordare una scena del genere. Se vuole pranzare insieme, o che io ogni tanto lo abbracci quando ha paura, mi deve convincere che le nostre sono state e saranno, a pari merito, delle umane imperfette vite più o meno del cazzo, con o senza la sua targhetta e le mie sontuose emorroidi. Ce lo dobbiamo.
La mia ex moglie sa tutto; dice che io e lui funzioniamo e che a momenti, a guardarci, ci trova due uomini che sanno essere felici. E’ sempre stata troppo strana nei giudizi sugli uomini e sulla felicità. A pensarci bene non so dirvi cosa siamo ma so che certe domeniche ci chiama a casa sua per cucinare la pasta al forno con ragù, polpette e uova sode; beviamo del vino portato da noi e balliamo in salotto per provare a digerire. Sto iniziando a pensare sia persino meglio del sesso.
Insomma se mi vedete da vivo in cimitero, anche dopo lunedì, sappiate che sono lì per questa faccenda. E se un giorno non mi vedrete più, ma continuerete a vedere lui, parlategli di me. Fate come facevo io.
Sappiate anche che quando diventi padre non sei più in grado di vedere certi funerali senza metterti a pensare a tutt’altro, che le persone quando vengono a trovare i morti dentro i cimiteri sono migliori di come sono fuori e che le persone che chiedono di andare in bagno in un cimitero sono molto più numerose di quello che ciascuno di voi potrebbe mai immaginare.
Tutto questo ha avuto conseguenze enormi sulla mia vita.

Del 1980. Sono una cooperatrice sociale e una psicoterapeuta costruttivista. Appena posso scappo lontano dai guru e me ne sto da qualche parte, più o meno in pace, dove l'aria sa di persone diverse tra loro che “fanno insieme”. Non sono un granché ma mi piace scrivere e fare teatro; vorrei lavorare per tutto ciò che genera storie a cui non avevamo ancora pensato, ma che ci servivano. I miei compagni di scuola elementare dicevano di me che ero una di compagnia, i miei compagni delle medie che ero una sfigata. Mi è rimasto il dubbio. Sul comodino ho “Schadenfreude, la gioia per le disgrazie altrui” di Tiffany Watt Smith e “Gorizia on/off” di Giovanni Fierro. Domani vorrei trovare la cena pronta e un viaggio che “questa volta proprio non me l’aspettavo”.