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Palcoscenico

Invasioni Creative e Quartiere Aurora

Che parola avete scelto per descrivere la città che vorreste?

Andrea Ciommiento e David Benvenuto: La città che vorremmo è fondata sulle parole di Shakespeare, “Tutto il mondo è un palcoscenico, donne e uomini sono solo attori che entrano ed escono dalla scena. Ognuno nella sua vita interpreta molti ruoli e gli atti sono le sette età della vita“.

 

Che cos’è Invasioni Creative e cos’è il progetto nel Quartiere Aurora?

Andrea: Invasioni Creative è anzitutto un ambiente di persone che collaborano insieme. I linguaggi che utilizziamo sono molti: teatro, cinema, multimedialità. Abbiamo una forte passione per tutto ciò che è “processo laboratoriale”  e non solo “evento”. David Benvenuto e io curiamo la direzione progettuale, Benedetta Giacomello ci aiuta nel supporto organizzativo e nelle relazioni da tenere, poi c’è chi conduce i laboratori per l’infanzia come Chiara Giacomello, Francesca Filauri e Claudia D’Agostini, e ancora diversi collaboratori come Giulia Cerrato, Marco Tonus, Raffaella Cavallo, Alberto Fabio, Alice Durigatto e diversi ospiti formatori come Edoardo Erba, Alberto Fasulo, Giovanni La Varra, Michele Cavallo, Loretta Biondi, Nadia Fusini. Insieme a loro tante le realtà regionali con cui siamo entrati in contatto, dal CSS Teatro Stabile d’Innovazione a Damatrà fino a Time for Africa, DAP Diritti a Prescindere, Coop. Itaca, Coop. Aracon, e in Italia con Orchestra Senzaspine, l’Albero, ZONA K, Artieri, Barreca La Varra…

David: Il processo laboratoriale ci consente di tenere perennemente una porta aperta. Il nostro gruppo di lavoro non è mai fisso, a seconda delle varie iniziative entrano nuovi e vecchi collaboratori. È successo che alcuni partecipanti ai laboratori, poi diventassero collaboratori attivi del progetto. La narrazione e la creatività artistica tracciano il filo delle nostre iniziative. Ci colpisce incontrare generazioni diverse in confronto e condivisione, succede in tutti i nostri laboratori. 

 

Come mai proprio quel quartiere? È stato un caso o una scelta? 

Andrea: Volevamo costruire una serie di azioni creative che raccontavano la città e i suoi abitanti. Siamo partiti così dal Quartiere Aurora, conosciuto in passato come il “piccolo Bronx”.  Abbiamo scoperto un luogo fatto di spazi verdi e parchi giochi, oltre ai grandi palazzoni. Certo, ci sono anche i problemi sociali che puoi trovare in altre zone della città. Ma ciò che più ci rimane impresso sono le persone: abbiamo ascoltato in casa le storie di Fanny, l’ex bidella delle scuole medie, abbiamo co-progettato i laboratori creativi con le insegnanti come Vittoria e Lara, ci siamo seduti accanto al camino di Padre Beppe che, prima di stare in quel quartiere, ha vissuto la guerra in Bosnia e ora si sente in un luogo sicuro. Così sono nati testi drammaturgici ambientati nel quartiere e raccontati tramite podcast ed eventi, hanno preso vita i laboratori con tutti i piccoli della zona, sono stati promossi incontri tra arte, urbanistica e sociale nei luoghi sociali come la Biblioteca o il Punto Incontro Giovani.

David: In Friuli tutti hanno sentito parlare del quartiere come una delle zone più pericolose di Udine. Negli anni ne abbiamo sentite di tutti i colori, ma colpisce che la narrazione sia principalmente legata a vicende di cronaca passata. Nonostante i problemi sociali, il quartiere non è certamente un luogo pericoloso. Ci siamo resi conto che la totalità delle persone che lo stigmatizzano, in realtà non ci hanno mai messo piede. Una narrazione negativa, non fa altro che alimentare il senso di imbarazzo e inadeguatezza di molti abitanti, che spesso evitano di rivelare il quartiere di residenza per non essere marchiati. Abbiamo pensato che un cambiamento può partire anche da una narrazione diversa del quartiere.  

 

Come è avvenuto l’incontro con gli abitanti? Questo incontro vi ha contaminati? Come?

Andrea: È stato bello e faticoso. La prima azione è stata nel 2018 con cinquecento abitanti coinvolti in un corteo creativo composto da bandiere con il logo di Invasioni Creative e con una mongolfiera reale partita dall’area verde vicino a Via Riccardo. Un ritrovo di comunità nato a seguito dei primi laboratori “La città che vorrei” fatti nella Scuola elementare e media del quartiere insieme alle conduttrici Francesca Filauri e Claudia d’Agostini. L’effetto domino è stata la scuola, un luogo che fa incrociare la società, bambini, adulti, insegnanti, educatori, mediatori culturali e artistici. Un luogo importante capace di generare “welfare” di comunità grazie agli incontri che si fanno.

David: Un momento emozionante è stato in occasione del laboratorio drammaturgico con Edoardo Erba. L’idea era di scrivere dei testi, partendo dall’incontro con gli abitanti del quartiere. Così abbiamo proposto il format “Un caffè con gli abitanti”. Una mattinata, divisi a gruppetti, i partecipanti sono stati invitati per un caffè a casa di alcuni volontari residenti nel Quartiere Aurora. Si è creata un’atmosfera piacevole, intima. Eravamo d’accordo che il caffè sarebbe dovuto durare mezz’oretta, non volevamo risultare invasivi, ma alla fine tra chiacchiere e biscotti, alcuni abitanti ci hanno trattenuto anche per un paio d’ore!

 

Considerando il delicato momento storico che stiamo vivendo, quali sono le azioni di comunità più interessanti che si possono mettere in gioco?

Andrea: La dimensione digitale è sicuramente interessante. Nei primi mesi di lockdown abbiamo dato voce a tutti i nostri collaboratori con gli streaming video che hanno raggiunto in poco tempo più di tremila visualizzazioni su Facebook e Instagram. Abbiamo poi creato un tour virtuale del quartiere creando il FAMU, un percorso coordinato da Giulia Cerrato per raccontare il quartiere tramite opere d’arte finzionali dopo un bel percorso laboratoriale con partecipanti di ogni provenienza.

David: Anche la dimensione laboratoriale si è trasferita online. A giugno siamo riusciti a organizzare “Nella Tempesta: laboratorio d’arte sociale”, una serie di incontri online con Michele Cavallo, psicoanalista già direttore del Master in Teatro Sociale dell’Università Sapienza (Roma) e successivamente dell’Università Europea (Roma). Siamo partiti dal testo di Shakespeare per porci molte domande, anche sul periodo storico che stiamo vivendo. Il percorso ha visto la partecipazione di circa 50 persone da diverse parti d’Italia e non solo da Udine. Abbiamo raccolto le adesioni di operatori sociali, studenti, insegnanti, operatori culturali da Bologna, Roma, Torino, Milano, Udine. Il pretesto di organizzarci online è stato anche un modo per avviare il laboratorio di creazione video “Scarti”, insieme a Alberto Fasulo, autore friulano già vincitore della Festa Internazionale del Cinema di Roma (Premio Marc’Aurelio d’Oro). Il percorso ha visto la realizzazione di video insieme a un gruppo di partecipanti di diversa provenienza (psicologi, studenti universitari, sociologi, operatori sociali) a partire dal racconto delle periferie e dalla “cultura dello scarto”.

 

Che cosa nella vostra città ideale non dovrebbe mancare?

Andrea: In una città ideale non dovrebbero mai mancare le sedie all’aperto, nelle vie e nelle piazze. Sedie libere, non legate a qualche bar o ristorante. Sedie contro l’isolamento sociale.

David: Alberi e piste ciclabili. Meno parcheggi per auto lungo le strade, rovinano l’orizzonte. E poi luoghi di incontro, magari legati all’arte e alla cultura, sempre aperti, anche la sera. E poi colori: a volte guardo i muri delle case storiche di centri come Udine e Pordenone e noto i colori ormai sbiaditi del passato. Perché oggi i muri dei nostri centri sono così anonimi, grigi e spenti?

 

Ci piacerebbe una città a misura di tutti: secondo la vostra esperienza è possibile?

Andrea: La risposta è dentro il libro di Calvino, le sue “città invisibili” ci danno un po’ di risposte. Noi le abbiamo trovate in questa: “a Cloe, grande città, le persone che passano per le strade non si conoscono. Al vedersi immaginano mille cose uno dell’altro, gli incontri che potrebbero avvenire tra loro, le conversazioni, le sorprese, le carezze, i morsi. Ma nessuno saluta nessuno, gli sguardi s’incrociano per un secondo e poi si sfuggono, cercano altri sguardi, non si fermano (…). Se uomini e donne cominciassero a vivere i loro effimeri sogni, ogni fantasma diventerebbe una persona con cui cominciare una storia d’inseguimenti, di finzioni, di malintesi, d’urti, di oppressioni, e la giostra delle fantasie si fermerebbe”.

David: Sottoscrivo la risposta di Andrea!

Gli autori di questo contributo sono Andrea Ciommiento e David Benvenuto, co-curatori del progetto Invasioni Creative.

Invasioni Creative è un progetto d’arte relazionale diretto da Andrea Ciommiento e David Benvenuto. Un percorso che organizza in Italia attività laboratoriali, eventi di comunità, percorsi didattici per le nuove generazioni in collaborazione con istituti scolastici, gruppi informali e associazioni del territorio regionale e nazionale con il sostegno di diversi enti, tra cui il Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBACT) - DGAAP “Premio Creative Living Lab”, Regione Friuli Venezia Giulia, Comune di Udine e Fondazione Friuli. www.invasionicreative.com