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Doppio compenso

Ci deve essere luce in studio per vedere con chiarezza le proprie idee.

Un fondo sporco per annichilire la paura di contaminare.

Un fondo segnato abbastanza da fornire un minimo appiglio alla nuova realtà che vuoi rappresentare e condividere.

Il giorno appresso dovevo prendere accordi con un gruppo d’insegnanti per dipingere le scene del teatrino della scuola elementare.

Mi risvegliai a fatica dopo il breve sonno, e non fui esattamente puntuale: un lieve ritardo, che comunque mi permise di associarmi al corpo insegnanti per il caffè.

Non mi ricordavo più come fosse l’ambiente scolastico ma, appena entrata, mi accorsi di essere il solo gufo in un gruppo di allodole. Anche senza il peso di una notte precaria come quella appena trascorsa, al mattino non ho mai avuto un bel aspetto, né un buon carattere, e quella mattina il mio sorriso affaticato non era che un travestimento mal riuscito. Gentili e solerti però non mi bocciarono subito, e mi diedero la mia opportunità.

Era una giornata luminosa e verde di primavera ed il compenso sarebbe già stato sufficiente: l’aver abbandonato la protezione/prigione del mio studio e il sentirmi con gli altri, quasi utile nel sociale.

La palestra, lucida e silenziosa, incominciò ad abituarsi al rumore dei miei passi.

La mia mente incominciò a misurare gli spazi. Che gran respiro per i miei pennelli, che vuoto spaventoso per la loro inadeguatezza. Ancora non mi capisco, ancora e sempre affronto il vuoto del fondo pittorico in punta di piedi, con pennellini sempre troppo piccoli. Quel giorno naturalmente, avevo i miei pennelli più grandi… ma, niente da fare, erano ancora fuori misura.

Un pittore non sa mai come possa andare a finire la sua battaglia con lo sfondo bianco, il suo cocciuto voler dare voce a ciò che è silente. Così iniziai il mio lavoro, brancolando con gesti e pensieri nella rassegnazione di quel gran bianco, così come il cieco nel grande nero, in cerca di un appiglio, un riferimento. In quel nulla dovevano crescere alberi: un bosco, e quanti colori possono avere le foglie? Tutti, e quale scegliere? Tutti, e piante e funghi e fiori, Dio mio, ogni cosa ne richiama un’altra, come faranno quelli che devono presentare i bozzetti? Per me il bello è costruire cosa dopo cosa dopo cosa, ognuna richiamata dalla precedente come avviene in natura per generare infiniti equilibri; un rigagnolo, un fiume, il mare… sono arrivato.

Sono approdata qui, per oggi. Non è tantissimo ma è il giorno del progetto, si intrecciano più pensieri che pennellate.

Nei giorni seguenti, con mia soddisfazione, ero sempre un po’ più allodola, un po’ più adeguata, contenta.

Alle mie spalle era cresciuto il bosco, chissà se gli altri vedran…stavo ultimando il pozzo quando entrarono i bambini tutti assieme.

Restai voltata di spalle come per proteggermi da quella che prevedibilmente sarebbe stata una carica di bisonti: no, silenzio…, e dal silenzio …OOOOOOOH! …non si udì altro per tutto quell’interminabile istante che giunge una sola volta nella vita.

Mai più voce di critico o gallerista fu più lusinghiera, mai più voce adulta addestrata all’adulazione fu più convincente della sospensione di quell’…OOOOOOH!

Per quel lavoro, fu doppia paga.   

Dipingo. Dipingendo scopro e racconto. Non so cosa dicessero di me i miei compagni, ma ricordo accoglienza, cordialità, sorrisi. Sto leggendo “La città dei ladri” di David Benioff. Bello! Domani vorrei liberarmi da un’abitudine per sostituirla con un’altra.