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Ariosa

Proprio oggi festeggio i miei primi sei anni in Germania. Il 31 luglio del 2015 sono atterrata a Francoforte, senza ben sapere per quanto sarei rimasta. Speravo a lungo, ma avevo un contratto per una stanza in affitto solo per un mese, non avevo ancora un lavoro ed il mio tedesco non era ancora gut abbastanza per trovarne uno a buone condizioni.

Non abito più a Francoforte, per lavoro mi sono trasferita lo scorso ottobre nella Odenwald, la regione montuosa tra Assia, Baviera e Baden-Württemberg, in un paesino di tremila abitanti tanto piccolo quanto attivo. Francoforte mi manca molto, perché è una città senza sembrarlo troppo. È verde, cosmopolita, moderna, e… ariosa. Tra i grattacieli non si ha mai la sensazione di soffocare. Il sole si specchia sulle pareti vetrate della Commerzbank Tower e sembra ricordarti che, anche se vestito elegante per un appuntamento di lavoro, prima o poi ci sarà sempre un’occasione per un Apfelwein in riva al Meno. E passeggiando proprio lungo il Meno, un po’ staccata dai grattacieli del centro come se non si riconoscesse nella loro aria così narcisa, la Westhafen Tower sembra più attirata dal tramonto all’orizzonte che dalle navi che le sfiorano i piedi.

Francoforte si gira a piedi o in bicicletta. In TV suona come un centro freddo ed austero pullulante di banchieri e uomini di potere, ma sotto sotto è un paesotto. Insomma, calza bene a tutti: a chi vuole l’offerta culturale dei grossi centri, come a chi detesta il caos delle grosse metropoli.

La mia città ideale è proprio così. Con il vento che, stagione dopo stagione, porta un po’ di movimento tra le fronde degli alberi; con il sole che, dovunque tu sia, riesce sempre a fare capolino tra i palazzi; con la brezza fresca del Meno che ti accompagna nelle passeggiate serali; insomma, ariosa.

Dove vivo ora non ci sono grattacieli, solo case, colline e campi coltivati. Il bosco fa da cornice e quasi sempre c’è un vento dispettoso che non perde tempo quando si tratta di far sbattere le porte che dimentico di fissare o chiudere. Ventoso è diverso che arioso, come il paese è diverso dalla città.

Nella mia esperienza da straniera in Germania ho trovato entrambi gli ambienti (quello cittadino di Francoforte e quello rurale del paesotto) molto accoglienti. A Francoforte si trovano associazioni per tutti gli interessi e tutte le estrazioni culturali: associazioni di expat (abbreviazione ormai di uso comune per indicare chi vive all’estero), associazioni di italiani, associazioni di spagnoli, associazioni di pakistani, … l’amministrazione cittadina è da anni molto attenta alla cura dell’integrazione e alla valorizzazione della diversità. In tutta la Germania in generale sono attivi corsi di integrazione e di lingua tedesca per stranieri, in collaborazione anche con gli efficientissimi uffici di collocamento. Imparare la lingua e trovare lavoro sono due elementi fondamentali per chi vuole ricostruirsi una vita (qualunque sia la motivazione di partenza) in un Paese diverso da quello di origine. La lingua aiuta a curare la sfera dei rapporti sociali, come pure il lavoro, che ovviamente è indispensabile anche a sentirsi indipendenti e a dare un senso alle proprie giornate. Nei primi tempi è importante combattere la tendenza ad isolarsi. Chi si isola perde la fiducia in se stesso, la motivazione ad andare avanti… e fa i primi passi verso un baratro da cui poi è difficile risalire.

Nel paesotto sono arrivata quando il mio tedesco aveva già un ottimo livello – cionostante l’impatto con il dialetto locale non è stato semplice! Ad ogni modo, anche qui una notevole quantità di associazioni offre numerose opportunità di integrazione. Chiaro, l’indirizzo delle associazioni è totalmente diverso in una piccola comunità rurale rispetto ad una grande città. Spariscono forse le opportunità di trovare associazioni relative alle diverse origini etniche, ma resta alta l’offerta in merito ai più svariati passatempi e/o attività sportive (musica, ping-pong, escursioni in bici o a piedi, associazioni di appassionati di storia locale etc.). 

Devo dire che, al contrario di quanto si senta spesso dire sui tedeschi (“sono freddi”, “è difficile entrarci in sintonia”, etc.) ho sempre avuto a che fare con persone amichevoli ed aperte. A dirla tutta, li ho sempre trovati anche molto più sensibili dell’italiano medio a temi che riguardano la collettività, l’”altro”, sia esso un migrante o un pedone che cammina per strada. Soprattutto qui nel paesino, ogni persona che conosco si rende subito disponibile (“se ti dovesse servire qualcosa, sai puoi chiedere”) e gli inviti per caffè, aperitivi, serate in compagnia si sono moltiplicati non appena le regole anti-Covid lo hanno permesso. Addirittura durante la pandemia, c’è stato pure chi mi ha fermata per strada (qui non c’è mai stato il divieto di uscire per una passeggiata) dicendo: “Tu sei la nuova inquilina di quell’appartamento, vero? Mi dispiace che tu sia arrivata proprio nel mezzo della pandemia, perché di solito il vicinato è molto attivo e te ne renderai conto non appena si allenteranno le restrizioni”… ed è stato proprio così! 

Chiaro, ognuno deve fare la sua parte quando si parla di integrazione, pure “lo straniero”: come cerco sempre di argomentare anche nelle discussioni su Facebook tra italiani ogni volta che c’è chi si lamenta proprio della “freddezza” dei tedeschi, se sei nuovo in città nessuno viene a suonarti il campanello per sapere se vuoi un caffè (e devo dire che anche la persona che mi ha fermata per strada magari non è così comune). Sei tu che per primo devi guardarti intorno e condividere te stesso con la comunità. Nelle grandi città, per cominciare, è facile trovare anche solo tedeschi che imparano la tua lingua. Si può cercare così un cosiddetto “tandem di conversazione” e stringere le prime amicizie. Altrimenti si può frequentare questo o quel circolo in base ai propri interessi, nelle grandi città le occasioni in entrambi i casi non mancano. Nei paesini come quello dove vivo ora poi, basta andare a prendere un caffè da soli nel baretto o nel ristorantino del paese e prima o poi qualcuno verrà a chiederti chi sei e da dove salti fuori… Poi tutto viene da sé!

Al mio arrivo in Germania non avevo ancora contatti né appoggi. La mia prima amicizia è stata la coinquilina che avevo durante il primo mese di permanenza – e con cui tutt’ora sono in contatto. Avevo però bisogno di attivare al più presto una buona rete di amicizie e conoscenze, anche per poter cercare lavoro sfruttando il passaparola. Grazie ad una app per conoscere altre persone, ho mosso i primi passi nella società francofortese. La app si chiama Lesarion, ma definirla “app per lesbiche” è piuttosto riduttivo e fuorviante per chi bazzica nel mondo LGBT italiano. Solitamente le app utilizzate in Italia sono piuttosto artigianali, i profili delle utenti scarni e, c’è da dire, la qualità delle conversazioni piuttosto scarsa. Molte ragazze in Italia hanno ancora oggi paura di essere additate come lesbiche o bisessuali e vivono la loro vita nell’ombra. In queste app si accumula quindi molta frustrazione e molto bisogno di contatti fisici, più che sociali in senso lato. Lesarion, la app che va per la maggiore in Germania e nei Paesi di lingua tedesca, invece è molto ben strutturata con gruppi tematici e la possibilità di inserire molte informazioni in merito ai propri interessi e… fini! Ho trovato così un paio di gruppi di ragazze che si trovavano una volta a settimana per un aperitivo dopo lavoro. All’inizio è stato frustrante in quanto il mio livello di tedesco era ancora scolastico e nel mezzo di musica e chiacchiere incrociate era ben arduo per me distinguere le parole, cogliere il significato dei discorsi… ma con il tempo le cose sono andate sempre meglio. All’interno della compagnia poi, c’erano ragazze con interessi diversi e ho così potuto unirmi ai primi gruppi per escursioni in bici o passeggiate nella natura.

Com’è vivere (ancora) in Germania dopo sei anni?

Cosa è cambiato e cosa non cambierà mai?

Spesso, soprattutto quando c’è qualcosa che va storto, mi sforzo di ripercorrere le tappe da quel 31 luglio 2015 ad oggi. Ci sono stati dei cambiamenti nella mia vita lavorativa, come in quella privata. La mia situazione economica è cambiata, come pure la mia situazione sociale.

Alcuni punti restano però ancora critici, anche a distanza di sei anni. La lingua tedesca non è e non sarà mai la mia madrelingua e, quando la stanchezza si fa sentire, molte parole “saltano” e proprio non vogliono sapere di farsi trovare. Al lavoro a volte si ha la sensazione di non essere incisivi o convincenti quanto si vorrebbe, e la domanda inevitabile che sorge è: “se l’avessi spiegato in italiano sarebbe stato recepito meglio?” Ma avere a che fare con più lingue dà anche molte soddisfazioni, soprattutto quando si scoprono parallelismi inaspettati. A volte sono i modi di dire che si ritrovano nelle diverse lingue a strappare un sorriso, siano essi una traduzione letterale o una variante di qualche tipo. Leggere la stessa notizia in una lingua o in un’altra può farne scoprire sfaccettature interessanti.

L’importante, all’inizio come anche dopo sei anni, è buttarsi. Buttarsi a parlare, buttarsi nella vita sociale della comunità in cui si vive, buttarsi nel cercare una posizione migliore, nel lavoro e fuori. 

Nata a Pordenone tra San Valentino del 1986 ed il disastro di Chernobyl, cresciuta a Rosa di San Vito al Tagliamento, dal 2015 in Germania. Ho una formazione tecnico-scientifica che però non mi ha mai impedito di avere le mani in pasta nella musica e un grande interesse per l’arte. Sono un’appassionata di storia, soprattutto della Prima Guerra Mondiale, motivo per cui appena possibile mi trovate a bazzicare nel Friuli Orientale. L’acqua è il mio elemento. Non c’è niente di più bello che una serata in compagnia di buoni amici. I miei compagni di scuola dicevano di me che avrei dovuto nascere in Germania. Il libro che ho sul comodino è “Fabrizio De André – die Essenz der Freiheit” (Fabrizio De André – l’essenza della libertà) di Alessandro Bellardita. Racconta la storia di De André e del suo pensiero, svelando i retroscena ed il significato delle sue canzoni più famose. Domani vorrei conoscere una persona speciale.