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Belli capelli

Era il 1983, mi ero laureata da poco ed il percorso di formazione richiedeva un tirocinio post lauream.

Da Padova ero rientrata a malincuore nella mia città per iniziare l’esperienza al “SP DC” (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura). Il primario, persona cordiale e disponibile, aveva accolto la mia richiesta.

Portavo i capelli raccolti in una lunga treccia che mi dava un’aria country. Decisi pertanto di cambiare acconciatura che mi desse un aspetto più professionale.

Mi ero rivolta ad un’amica giovane parrucchiera con tanta, tanta passione ma scarsa esperienza, affinché mi facesse un taglio adatto al nuovo contesto.

Taglia qui, aggiusta lì, taglia là, ripassa qua, i capelli risultarono cortissimi, un taglio decisamente maschile. A ricordo della mia lunga e folta chioma che giaceva tutta sparsa sul pavimento, mi lasciò una lunga e sottile codina.

In un settembre già tinto con i primi colori dell’autunno mi presentai puntuale in reparto. Mi accolse una giovanissima infermiera che mi fece accomodare in un’angusta saletta priva di finestre.

Le dissi, prima che scomparisse nel corridoio, che mi attendeva il primario.

Per tutta risposta mi regalò un largo sorriso bonario.

Attesi, attesi e sbirciai fuori dalla saletta, lei ricomparve e mi invitò ad attendere, seduta.

Ero piuttosto seccata. Ricomparve ancora e mi chiese se avevo della documentazione, le dissi con tono fermo che avevo già consegnato tutto in segreteria, dopo il primo incontro con il primario. Ricomparve ancora invitandomi a seguirla. Percorremmo tutto il lungo corridoio e alla fine mi indicò la stanza dicendomi: “Letto 27”.

Sbarrai gli occhi e le dissi: “No, guardi, c’è un errore”.

Offrendomi ancora un ampio sorriso bonario commentò: “Dicono tutti così”.

A quel punto sbucarono dalla segreteria i due infermieri anziani, Carlo e Remigio, che, ridendo, svelarono il gioco.

Avevano tratto in inganno anche la giovanissima infermiera che era stata informata del ricovero di una giovane mitomane in piena crisi… La giovane si sarebbe creduta e si dichiarava psicologa. Lei cercò di scusarsi, era in evidente imbarazzo, ma poi mi rivelò, a giustificazione dell’equivoco, che i miei capelli cortissimi e la mia lunga codina l’avevano convinta che qualcosa in me non andasse nella giusta direzione.

Visto da vicino nessuno è normale poiché ognuno è straordinario“. (Franco Basaglia)

Mi chiamo Caterina Roia e sono nata in Brasile sotto un cielo alto ed azzurro. Sono una Psicologa – Psicoterapeuta ed ho lavorato da sempre nell’ambito delle dipendenze con entusiasmo e passione. In questi anni è accaduto tanto e di tutto, ma credo ancora, dopo 35 anni, nella forza di questo lavoro. Le statistiche dicono che abbiamo scarsi risultati, ma ho un altro punto di osservazione. Credo che i cambiamenti avvengano a piccoli passi, con inciampi ricadute e risalite faticose. La costanza e la pazienza non devono mai abbandonarci. I miei compagni di scuola mi chiamavano la Pasionaria e ne ero onorata. Ho due libri sul mio comodino e sono: “Chi sta male non lo dice” di Antonio Dikele Distefano e “Azzurro elementare”, poesie di Pierluigi Cappello.